Migliora te stesso con coraggio per ottenere i risultati che vuoi (Parte 1)

Il coraggio della lumaca

Ciao caro amico/a, questo è il mio primo post e ho pensato che forse condividere la mia esperienza potrebbe essere risolutivo per te.

Forse sei un lavoratore dipendente e vuoi iniziare una carriera professionale autonoma, o magari sei già un libero professionista ma ancora non hai trovato la strada motivazionale giusta, ti racconto come ho fatto io, sono certo troverai diversi spunti validi anche per te, e decidere se vuoi restare fermo nel tuo piccolo mondo, o se andare alla conquista di tutto quello a cui puoi ambire, perché i risultati, le vittorie, non ti bussano alla porta, te le devi andare a prendere, e se mi stai leggendo hai già le potenzialità per farlo!

Mi presento brevemente:

Mi chiamo Davide Venturini e sono un Imprenditore Digitale.
Ho cominciato la mia carriera professionale lavorando nel settore informatico, come sistemista in un’azienda della new economy, prima, e come assistente software in una media industria del settore metalmeccanico poi.

Grazie al mio lavoro, negli ultimi anni ho potuto girare il mondo. Questa è un’esperienza arricchente sotto tutti i punti di vista, ma soprattutto perché mi ha permesso di aprirmi notevolmente al cambiamento, cosa non sempre facile. Eppure, nonostante mi abbia dato l’input per avere una più ampia apertura mentale, sentivo che ancora mancava qualcosa, un qualcosa che non riuscivo a mettere bene a fuoco, ma che avvertivo sempre più distintamente.

Quanto coraggio hai?

Una delle passioni che ho sempre coltivato è quella per internet, per le nuove tecnologie e le dinamiche che da esse prendono vita. Questa passione mi ha portato, negli ultimi tre anni, a svolgere due lavori: dipendente in un’azienda durante il giorno e consulente di web marketing la notte. Certo, quando qualcosa si fa per passione il peso della stanchezza si avverte meno, ma questo non significa che chi ti sta vicino non avverta comunque il tuo stress e le tue tensioni.

Quando due anni fa è nato Mattia, il mio primo figlio(e a marzo 2016 arriverà il secondo!), ho capito quanto fosse difficile far combaciare tutti i pezzi di un puzzle che, forse, in quel momento, era davvero troppo grande e complicato per me. Tenere tutto sotto controllo mi comportava un dispendio di energie che venivano sottratte da quella che era la vita familiare. Ora, chi ti vuole bene ti sta comunque vicino, ovviamente, ma alla lunga, quando non riesci più a conciliare tutto, le tensioni rischiano di minare anche i rapporti più stabili.

Eppure ero soddisfatto della mia attività, avevo delle giornate piene e questo mi faceva sentire bene, ma mancava ancora qualcosa perché quella che noi chiamiamo felicità, quella condizione di tranquillità e appagamento, non mi apparteneva. Per cercare di spiegarti meglio il mio stato d’animo posso dirti che era come se sentissi che dovevo fare ancora qualche passo per sentirmi più realizzato. Quel passo era intraprendere l’attività imprenditoriale e gestire da me i miei impegni, i miei introiti e, soprattutto, il mio tempo. Ma cambiare, se non hai gli strumenti giusti, può essere impossibile.

Nel mio caso era come se la pancia mi dicesse che la chiave di svolta era il cambiamento, ma la testa era bloccata, una forma mentis cristallizzata dentro una prigione di convenzioni e di false sicurezze. Hai presente la tanto decantata lode del posto fisso? Chi è il pazzo che getta alle ortiche un posto fisso per un qualcosa che di certo, se non quello che ti dice il tuo istinto, non ha nulla?

Oggi il posto fisso è quasi un una chimera, tutti sembrano ambirvi, ma pochissimi riescono a ottenerlo e da una parte ti trovi con tante sicurezze garantite, malattia, tredicesima, e altri benefit, ma dall’ altra è come avere la certezza che la tua esistenza sarà sempre di un colore monotono. Che fare? Uscire da quella situazione di stallo, sì, certo, ma come? La sensazione di smarrimento e confusione era forte e questo mi toglieva altre energie.

Non riuscivo a trovare il coraggio di fare un salto nel vuoto. Non avevo le palle, in effetti. Lo dico con schiettezza, ma era proprio questo il problema. Restavo in bilico sull’ orlo del precipizio ma non potevo né saltare dall’ altra parte né stare per sempre fermo così. Cosa mi bloccava? Sicuramente il fatto di avere una famiglia a cui pensare. Il senso di responsabilità alimentava le paure, e questo generava in me un ennesimo blocco, un conflitto, che non riuscivo a superare. Mi stavo rendendo conto che in quel modo non avrei risolto nulla, avevo bisogno di una “spinta”.

[Fine prima parte – Leggi qui la seconda parte]

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